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Chi ha provato le due esperienze, solitamente, è in grado di distinguerle; mentre, infatti, è possibile in qualche modo ridurre e controllare l'ansia anticipatoria, allontanandosi dalla situazione temuta o cercando rassicurazioni in una persona di fiducia, quando l'attacco di panico comincia non può essere bloccato. L'attacco di panico si comporta come una reazione tutto o nulla che sfugge ad ogni controllo quando è innescato il meccanismo. Se l'ansia anticipatoria raggiunge elevati livelli di intensità, può risultare invalidante e generare un disagio maggiore degli stessi episodi critici. In questi casi gli attacchi di panico possono passare in secondo piano, quasi oscurati dall'ansia anticipatoria e la loro presenza deve essere indagata accuratamente, in quanto il paziente può trascurare la descrizione.
Invariabilmente, in questa fase, compare la ricerca di rassicurazione, associata talora a modalità scaramantiche e compulsive. Il paziente si sottopone a numerosi accertamenti fisici e strumentali; effettua numerosi esami, quali elettrocardiogrammi, radiografie, elettroencefalogrammi, tomografia assiale computerizzata, risonanza magnetica nucleare, che risultano in genere negativi ed hanno un effetto rassicurante solo transitorio. Al ripresentarsi di nuovi attacchi di panico, riemerge, infatti, l'esigenza di nuovi accertamenti. I timori sono rafforzati dal fatto che non si individua una causa e non si pone una diagnosi per una sintomatologia che, nonostante l'intensità dei sintomi soggettivi, è in genere minimizzata dai medici per la scarsa rilevanza dei referti obiettivi. Il gran numero e la variabilità dei sintomi presenti portano a varie formulazioni diagnostiche, condizionate dalla formazione specialistica del singolo medico e quindi, di volta in volta, si parla di nevrosi cardiaca, sindrome da iperventilazione, labirintite, ipocondria, isteria, depressione ansiosa, sindrome del colon spastico.
I pazienti passano da un medico all'altro e sono spesso accompagnati nei servizi di pronto soccorso, dove vengono di solito etichettati come nevrotici, isterici, patofobici, eccetera. Le condotte di evitamento si strutturano, nella maggior parte dei casi, con il perdurare della crisi e per la tendenza ad associare gli attacchi con situazioni e luoghi specifici. Evitando di rimanere soli, di allontanarsi da casa o di usare mezzi pubblici, gli attacchi di panico diventano meno frequenti e più tollerabili. Si parla di agorafobia quando le limitazioni imposte dal disturbo interferiscono con attività importanti per la vita di tutti i giorni. Oltre i due terzi dei pazienti con dap che giungono all'osservazione dello psichiatra presentano condotte di evitamento di tipo agorafobico. In sostanza, i pazienti sviluppano la paura di avere paura e l'evitamento di speciali luoghi e situazioni è un modo per controllare l'insorgenza di nuovi attacchi di panico. Alcuni diventano completamente incapaci di uscire di casa o possono allontanarsi solo in compagnia di una persona rassicurante, nella quale ripongono particolare fiducia. Come riconoscere un DAP. Un DAP si riconosce in quanto caratterizzato da un periodo preciso di intensa paura o disagio, durante il quale quattro (o più) dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco nel giro di 10 minuti: 1. palpitazioni, cardiopalmo, o tachicardia; 2. sudorazione; 3. tremori fini o a grandi scosse; 4. dispnea o sensazione di soffocamento; 5. sensazione di asfissia; 6. dolore o fastidio al petto; 7. nausea o disturbi addominali; 8. sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento; 9. derealizzazione (sensazione d'irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi); 10. paura di perdere il controllo o di impazzire; 11. paura di morire; 12. parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio); 13. brividi o vampate di calore. (Dott. Salvatore Di Salvo) Fine ultima parte. Vi invito a guardare il sito http://www.depressione-
Giovanna Spantigati