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Marco, lo chiamerò così, un uomo di 45 anni incontrato per caso in ospedale. Una storia triste, dolorosa. Reparto di neurochirurgia dell'ospedale di Alessandria. Un reparto silenzioso, con assistenza continua di medici, infermieri, tirocinanti che vigilano attenti ma discreti.
Mio padre ricoverato per un intervento e, di fianco al suo letto, un ragazzo in una sorta di coma vigile, operato al cervello. Marco, più che un uomo sembra un ragazzino, immobile, con lo sguardo fisso alla porta. Guardo i suoi occhi grandi, apparentemente sereni e vorrei comunicare con lui. La sua dolce mamma arriva sempre puntuale quando aprono il reparto alle visite. Lei gli parla con il sorriso e gli tiene sempre la mano destra che lui stringe quando lei gli dice: "Adesso devo andare, Marco.." La mamma vorrebbe fare di più, vorrebbe sapere se lui è presente, vuole sapere quando lo ri-
Marco sembra non capire. Io gli sorrido e ogni tanto gli dico qualche parola. Sembra indifeso come un bambino. Mio padre migliora in fretta, la sua ripresa desta stupore. Marco è sempre immobile.
Dopo tre giorni lo operano e dopo poche ore riesce a sussurrare qualcosa. "Ho male…" dice sempre con il corpo immobile e lo sguardo fisso. "Marco, devi avere ancora un po' di pazienza, gli dico con il sorriso" e gli vado vicino. Marco è lucido, per me è un'emozione. "Sono contenta che ti sei ripreso" e lui, con una dolcezza infinita mi dice, con un fil di voce: "Sono contento anche io per tuo papà".
Marco pensava a mio papà e non a se stesso. Capisco che Marco osservava tutto, con un corpo silenzioso ma un cuore generoso, con la pazienza di chi si affida agli altri, con la dolcezza e l'umiltà di chi ha accettato un destino crudele. Mio padre viene dimesso, Marco è ancora lì, sempre uguale. Presto andrà in un centro di riabilitazione. Lo saluto, a malincuore, gli dico che voglio rivederlo quando sarà fuori di lì e di riprendersi in fretta. Marco, occhi grandi e speciali di chi vuole continuare a vivere e ad amare, io aspetto che tu esca e ci rivedremo. Te l'ho promesso. Mio padre è a casa, io sono tornata a Torino. Sto scrivendo al computer nella mia sala con la porta aperta che dà sul giardino. E' una domenica di sole, gli uccellini cantano, il mio cane corre e gioca. Ma in questo stesso momento ci sono tanti Marco negli ospedali. Regalategli un sorriso, un incoraggiamento, una carezza. Non lo dimenticheranno mai. E il vostro cuore si colmerà d'amore.
Giovanna Spantigati