Giovanna Spantigati

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Occhi che cercano altrove

I miei articoli

Il piano bar sta per riempirsi.
La giornata è stata calda giù alla spiaggia. Ma dopo una cena con chiacchiere, saluti, sorrisi e, ovviamente, buffet in abbondanza, è un piacere sedersi sulle bianche poltrone in vimini vicino alla piscina illuminata e circondata dal verde. Una leggera brezza viene dal mare.

Sarà una serata magica. Finalmente, dopo un anno, rivedo Paolino. Enzo, il pianista, è arrivato. Ci sorride, saluta i nuovi arrivati e ci promette compagnia, allegria e tanta musica per questa settimana al villaggio Oasis di Paestum.

Mi guardo intorno, profumo di caffè, signore eleganti, un po' bruciacchiate dal sole, ma sapientemente truccate aspettano di farsi cullare dalla musica. Non mi sembra vero essere tornata qui. Sono emozionata, mi sembra di non essermene mai andata via. Davanti al pianista, in prima fila, una sedia diversa dalle altre, senza cuscini bianchi. Una sedia in plastica verde con una scritta attaccata sopra. "Riservata. Superpaolino" Sopra quella sedia un bambino che ascolta silenzioso ed attento. Lui è il primo ad arrivare. Enzo mi vede, si ricorda di me.

Allora, come un anno fa, mi sorride e sulla tastiera le sue dita danzano col cuore per poterci cantare "Roma Capoccia". Non riesco a trattenermi. Mi tolgo le scomode scarpe con i tacchi e corro ad abbracciare Paolino. Paolino, ti ricordi di me? Mi accarezza la mano, mi sorride. Paolino, profondi occhi neri che cercano altrove. "La torinese!" Mi dice con un'esplosione di gioia. "Lo prendo in braccio e lo stringo forte a me mentre balliamo la nostra canzone. Paolino è felice, canta a squarciagola, butta la testa all'indietro, sento il suo cuoricino battere all'impazzata, i suoi gridolini mi riempiono di vita. A piedi nudi ballo con un angelo, intorno a me luci, colori, gente, rumore, ma io non sento nulla, non vedo nulla. Paolino, stringiti a me, non riesco più a tenerti, sei diventato grande!

Ho gli occhi chiusi, il mio cuore forse batte più forte del cuoricino del mio angelo. La canzone è finita, io sono senza fiato, il trucco si è disfatto, ho sudato dalla fatica e dal caldo, lo rimetto seduto. Sono felice. Paolino, la mascotte del villaggio, vuole solo sentire musica, vive per quella. Nove giovani anni passati a scrutare il mondo con le sue manine, con le sue orecchie, sempre pronto a sorridere alla vita e a chi gli vuole bene. Musica, tanta musica nel villaggio. I balli di gruppo due, tre volte al giorno. Paolino non li perderebbe mai. Non importa se deve essere tenuto per mano, il suo sorriso regalato al cielo ti fa capire che la musica è vita per l'anima. Paolino, che di giorno in spiaggia, sdraiato sul lettino, si tiene stretto il suo microfono professionale, aspetta che gli animatori suoi amici vadano a salutarlo, lo prendano in braccio e lo portino a fare il bagno perché con gli amici veri lui non ha paura.
Graziano, il capo villaggio, molla tutto e tutti per giocare con lui in acqua. Enzo, il pianista, tutte le mattine è lì con lui. Enzo che, una sera, al microfono del pianobar, dopo gli applausi che non manca mai di chiedere al suo pubblico per il suo fan numero uno, ci dice, orgoglioso: "Io sarò il padrino di Paolino!" Io non credevo che Paolino si sarebbe ricordato di me. Si sa, i bambini a quell'età dimenticano in fretta. Ma la scorsa estate, dopo aver ballato con lui quasi tutte le sere, pensai di spedirgli un cd e di fargli così una sorpresa. Gli mandai il cd di Venditti con Roma Capoccia. Adesso, inaspettatamente, lui la conosce a memoria. Non ci volevo credere. Addirittura lui canta, facendo sorridere tutti, "Paestum Capoccia". Io non potrò più ascoltarla senza commuovermi, senza sentire la sua mancanza, senza pensare al suo viso immensamente dolce. Paolino, una sorella e due fratelli che lo adorano, una tata che lo fa camminare sempre e che ti dice, in italiano stentato, ma decisa: "Paolino camminare! lui camminare sempre, lui migliorato tanto!" Paolino, una mamma che nasconde la sua fragilità dietro ad una maschera impenetrabile. Una forza e un coraggio che raramente si incontrano. Una mamma che riserva, solo a me, un silenzioso sorriso anche a distanza. Un sorriso che vuol dire tutto, un sorriso che nessun altro potrà mai vedere.

Solo chi conosce il dolore, la disperazione, li può leggere negli occhi di un'altra persona. Solo chi convive con le proprie angosce senza fine può regalare un sorriso pieno d'amore a chi nasconde, per dignità, per sopravvivenza, paure senza fine, vicoli ciechi di dolore, accettazione dell'umanamente inaccettabile. Ma in fondo al vicolo cieco, Anna Rita, la mamma di Paolino, come le mamme di tanti bimbi, ha trovato la magia di una luce che cresce ogni giorno che passa, una luce che in realtà è un fuoco. E' una piccola fiammella che è esplosa con la potenza di un fuoco d'artificio e diventa l'inarrestabile eruzione di un vulcano. Un fuoco che ti brucia tutto dentro. Brucia le paure, la rassegnazione, alimenta il coraggio e centuplica le forze. Il coraggio di affrontare una vita imprevedibile, un percorso in salita senza mai la possibilità di fare una sosta, un mondo troppo spesso ostile; il coraggio di combattere contro l'insensibilità di certe istituzioni, contro barriere fisiche e soprattutto mentali. Il coraggio dei combattenti pronti a lottare fino alla morte. Chi conosce questo fuoco sa bene che non è angoscia, non è rabbia, non è disperazione, non è la non-accettazione; è molto più semplicemente Amore. Anna Rita, bellissimo gladiatore, a noi basterà sempre guardarci negli occhi. E sorriderci.


Giovanna Spantigati

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