Menu principale:
I miei articoli
"Ogni diritto ha un limite" mi dice con un sorriso di circostanza il preside della scuola di mio figlio. Ci risiamo. Per far valere i nostri diritti dobbiamo entrare nell'arena armandoci di determinazione, sicurezza, dignità, amor proprio e se avessimo anche un coltello fra i denti non guasterebbe. Invece sembra proprio che il coltello fra i denti ce l'abbia chi sta dall'altra parte della barricata, che attacca per paura di doversi difendere. Al sorriso stampato-sarcastico ribadisco con fermezza: "Mio figlio ha il diritto di andare in gita scolastica, così come tutti gli altri." "Vedremo quello che si può fare. Lei è eventualmente disposta a pagare per un intervento esterno?" Ecco la fregatura. Ci provano. E tanti genitori ci cascano, pensando che questa sia la grazia concessa dall'alto, unica risorsa grazie alla quale i propri figli possono andare in gita. "Non ci penso proprio. Non sta a me pagare. E' la scuola che deve provvedere."
Ma, insomma, dov'è questa presa in giro che si chiama integrazione? Più che altro sembra disintegrazione della psiche dell'individuo. Sbriciolamento della dignità umana. Quale occasione migliore per l'integrazione scolastica se non la gita? Io conoscevo i diritti e i doveri, passi anche il diritto e il rovescio, ma questa perla di saggezza mancava al mio repertorio. Ciò nonostante io entrerò sempre nell'arena a combattere per far rispettare i diritti dei disabili e di quelle famiglie che, a volte non consapevoli, a volte terribilmente stanche, non vedono via d'uscita e si sentono costrette a rassegnarsi, con la morte nel cuore.
Triste epilogo della storia: Emanuele non andrà in gita. Ma non per una questione di organizzazione né di fondi (ovviamente trovati con gran tempismo). E' molto peggio. I professori hanno pensato bene di litigare davanti a lui con toni accesi per discutere su chi doveva accompagnarlo o meno. Emanuele si è sentito un peso e loro, messi di fronte alla responsabilità, sono cascati dalle nuvole dicendo: "Non pensavamo che avrebbe capito." Mi propongo come tutor per un corso agli insegnanti che si intitoli: "Sordo. No stupido"; sottotitolo: "Quegli strani oggetti curviformi piazzati dietro le orecchie che si chiamano auricolari servono al sordo per sentire.
Non sono orecchini." Adesso ho capito cosa intendeva dire il preside quando parlava di diritti e limiti.
I diritti sono quelli di ogni ragazzo all'istruzione. I limiti sono quelli della sensibilità e del rispetto. Limiti propri di una certa categoria di insegnanti, peraltro tristemente molto popolare.
Giovanna Spantigati